“CAMPIONI A FIRENZE

EUSEBIO

di Ruben Lopes Pegna

 

Quasi tutte le stelle del calcio mondiale hanno giocato allo stadio di Firenze, l’attuale Artemio Franchi, prima denominato Comunale e prima ancora Giovanni Berta. Alcuni di questi campioni hanno vestito la maglia della Fiorentina, altri sono stati avversari della Fiorentina nel campionato italiano o nella Coppa Italia, oppure in gare ufficiali o amichevoli a livello internazionale. Altri ancora ancora sono stati a Firenze con le rispettive nazionali in partite contro quella italiana. Alcuni, poi, si sono esibiti allo stadio di Firenze durante i campionati del mondo del 1934 e del 1990 e durante i campionati europei del 1968, organizzati dall’Italia (nessuna gara degli Europei del 1980 in Italia fu, invece, giocata all’allora Comunale). Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo diversi di questi campioni del calcio mondiale tra i quali Eusebio.

EUSEBIO (Archivio Museo Fiorentina)

Eusebio da Silva Ferreira – per tutti semplicemente Eusebio – nasce a Maputo in Mozambico il 25 gennaio 1942 da padre angolano e muore a Lisbona il 5 gennaio 2014, in seguito ad un arresto cardiaco. È un attaccante, anche se indossa la maglia numero dieci. È una sorta di seconda punta, secondo i canoni del calcio attuale. È dotato di un buon dribbling e di un tiro forte e preciso. Gioca nella nazionale del Portogallo, perché all’epoca sia il Mozambico che l’Angola sono sotto dipendenza portoghese. Soprannominato la “Perla nera” è il primo fuoriclasse di origine africana. Inizia la carriera nello Sporting Lourenco Marques in Mozambico, con il quale segna 77 reti. Da questo club lo acquista il Benfica di Lisbona nell’estate del 1960. Gioca nel Benfica dal 1960/61 fino al termine della stagione 1974/75, quando ha trentatré anni. Poi milita nel Boston Minutemen, nel Monterrey, nel Toronto-Croatia, nel Beira -Mar, nel Las Vegas Quick Silvers, nel Tomar e nel New Jersey Americans. In questo club chiude la propria carriera a giugno del 1978. Vince con il Benfica undici campionati del Portogallo nel 1960/61, nel 1962/63, nel 1963/64, nel 1964/65, nel 1966/67, nel 1967/68, nel 1968/69, nel 1970/71, nel 1971/72, nel 1972/73 e nel 1974/75. Conquista cinque coppe del Portogallo nel 1961/62, nel 1963/64, nel 1968/69, nel 1969/70 e nel 1970/71. E nel 1961/62 vince la Coppa dei Campioni, battendo in finale il Real Madrid 5-3 (realizza una doppietta). Vince il campionato Nasl del Nord America nel 1976 con il Toronto-Croatia.

Conquista il Pallone d’oro nel 1965 e la Scarpa d’oro, quale miglior marcatore europeo, nel 1967/68 (è la prima edizione) e nel 1972/73. Si laurea inoltre dodici volte capocannoniere, in sette occasioni del campionato portoghese, in tre della Coppa dei Campioni, in una nelle qualificazioni al campionato del mondo del 1966 e poi nel campionato del mondo del 1966 in Inghilterra, dove il Portogallo si classifica al terzo posto (Eusebio segna nove reti, quattro delle quali alla Corea del Nord, la squadra che aveva eliminato l’Italia, nella gara dei quarti di finale vinta dal Portogallo 5-3). Realizza con il Benfica 414 reti tra campionato e coppa del Portogallo, 57 nelle coppe europee e 2 nella Coppa Intercontinentale, l’attuale Coppa del mondo per club, allora giocata tra la vincitrice della Coppa dei Campioni e la Coppa Libertadores, l’equivalente della Coppa dei Campioni riservata alle squadre del Sud America. Lasciato il Benfica segna, nel prosieguo della carriera, altre 29 reti. Eusebio disputa 64 partite con la Nazionale del Portogallo, realizzando 41 gol.

“GOAL”, dicembre 1968, (Archivio Museo Fiorentina)

 

Eusebio gioca con il Benfica allo stadio Comunale di Firenze giovedì 18 giugno 1964 nella semifinale del torneo Città di Firenze, giunto alla sua seconda edizione. Vi partecipano quattro squadre: la Fiorentina, il Benfica, lo Zenith di Leningrado, l’attuale San Pietroburgo, e il San Paolo. Per gli appassionati di calcio come me questo torneo è un’autentica festa. Si disputano le due semifinali il giovedì (la prima alle ore 19.30 e la seconda alle 21.30) e il sabato la finale per il terzo e quarto posto alle 19.30 e la finale per il primo e secondo posto, quella che assegna il trofeo, alle 21.30. Per un bambino di dieci anni assistere dal vivo a quattro partite con forti squadre straniere nello spazio di due giorni è davvero fantastico, anche perché all’epoca in televisione di calcio estero e non solo se ne vede poco. Viene trasmessa soltanto la cronaca registrata di un tempo dell’incontro più importante della giornata di serie A la domenica alle ore 19, oltre alle gare delle squadre italiane impegnate nelle coppe europee, in diretta, però, solo dalle semifinali in avanti. E, naturalmente, vengono trasmesse in diretta le partite della Nazionale (tutte quelle del campionato del mondo del 1962 in Cile, però, le vediamo due giorni dopo, perché non c’è il satellite). Ma la finale di Coppa Italia e quella di Coppa dei Campioni talvolta vengono mandate in onda in registrata.
Quando il 18 giugno, poco dopo le 19, insieme al mio papà, entro in curva Ferrovia allo stadio c’è poca gente. Alla fine gli spettatori saranno circa quindicimila. Alle 19.30 si gioca la prima partita, quella tra il Benfica di Lajos Czeizler, allenatore della Fiorentina nel 1958/59 (quando i viola, secondi in campionato, stabiliscono il record di gol segnati nel campionato di serie A a 18 squadre, 95) e lo Zenith di Leningrado. I miei occhi sono tutti rivolti al numero dieci della squadra portoghese, Eusebio, che l’Inter di Helenio Herrera, dopo aver conquistato la Coppa dei Campioni, segue con interesse per fargli vestire la maglia nerazzurra (ma non ci riuscirà; nel 1966 l’affare sembra fatto ma la Federcalcio, dopo l’eliminazione dell’Italia al campionato del mondo in Inghilterra ad opera della Corea del Nord nel girone eliminatorio decide di chiudere le frontiere ai calciatori stranieri).

Eusebio lo avevo visto per la prima volta in televisione nella finale di Coppa dei Campioni del 1962 tra Benfica e Real Madrid, vinta dai portoghesi per 5-3. Da “malato” di calcio avevo assistito a quella partita da solo nel tinello di casa e a otto anni la “perla nera” mi aveva colpito particolarmente. È lui, sul 3-3, a segnare le due reti che regalano al Benfica la Coppa dei Campioni. Quando arriva al torneo Città di Firenze, però, Eusebio non sta bene. È infortunato ma gioca ugualmente e in mezzora regala scampoli di bel gioco con un paio di dribbling e un tiro finito di poco fuori. Poi, però, subisce un colpo da un avversario ed è costretto ad uscire dal campo. Ci rimango davvero male e spero di poterlo vedere di nuovo nelle finali del sabato. La partita tra Benfica e Zenith non è particolarmente bella. La vincono i sovietici per 1-0 grazie a un autogol di Cavem all’11’ della ripresa. Alle 21.30 scende, poi, in campo la Fiorentina che affronta i brasiliani del San Paolo. Nelle file dei viola di Chiappella debutta il diciannovenne centrocampista pratese Mario Bertini, appena acquistato dall’Empoli che all’epoca milita in serie C. E c’è anche Amarildo, in prestito dal Milan per il torneo Città di Firenze, che la Fiorentina acquisterà dal club rossonero nell’estate del 1967 e che a Firenze, nella stagione 1968-69, conquisterà lo scudetto. Questa è la formazione dei viola: Albertosi; Robotti (Benaglia dal 25′), Castelletti; Guarnacci, Brizi, Pirovano; Hamrin, Lojacono, Amarildo, Bertini (Balsimelli dal 46′), Seminario. Il San Paolo va in vantaggio con un gol realizzato da Del Vecchio al 29′ del primo tempo e raddoppia con una rete di Bazzani al 38′ della ripresa. Seminario accorcia le distanze a tre minuti dalla fine, sfruttando un assist di Hamrin. La Fiorentina perde, dunque, 2-1 e deve accontentarsi di disputare la finale per il terzo e quarto posto.

Sabato 20 giugno torno allo stadio Comunale, sempre in curva Ferrovia. Alle 19.30 si gioca la finale per il terzo e quarto posto tra Fiorentina e Benfica. Gli spettatori presenti sono circa diciottomila. Al momento dell’annuncio delle formazioni, in una serata particolarmente calda, rimango fortemente deluso. Nella squadra portoghese è assente Eusebio. La “perla nera” non ce l’ha fatta a recuperare dall’infortunio subito due giorni prima nell’incontro con lo Zenith. Chiappella per questa partita manda in campo la seguente formazione: Albertosi; Pirovano, Castelletti; Guarnacci, Brizi, Maschio (Matteucci dal 46′); Hamrin, Canella, Lojacono (Nuti dal 46′), Amarildo, Seminario (Bertini dal 46′). La Fiorentina, con una formazione molto diversa rispetto a quello che ha terminato da poco il campionato, appare subito in difficoltà con il Benfica, nonostante la buona prestazione di Amarildo.

La squadra campione del Portogallo passa in vantaggio con la mezzala Augusto (schierato con la maglia numero sette) all’11’. E Augusto raddoppia al 43′. Nella ripresa la Fiorentina appare più tonica, anche grazie ai cambi effettuati da Chiappella. E, soprattutto, il giovane Bertini dimostra di essere in grande condizione. È lui a fornire ad Hamrin, dopo due minuti, l’assist per il gol dei viola. Trascinata da Bertini e Amarildo la Fiorentina cerca il pareggio. Ma Torres al 24′ gela le speranze dei gigliati, realizzando la rete del 3-1. Augusto, poi, al 41′ segna il gol del definitivo 4-1. È lui, autore di una tripletta, il migliore del Benfica insieme al mediano Coluna e all’ala sinistra Simoes. Dunque, la Fiorentina chiude il torneo al quarto ed ultimo posto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Calcio Illustrato, 1964 n° 26 (Archivio Museo Fiorentina)

 

Il Benfica, invece, torna a giocare allo stadio di Firenze nel Memorial Mario Cecchi Gori il 7 agosto 1996 (l’incontro finisce 1-1 con i gol di Oliveira e Joao Pinto ma, poi, i portoghesi prevalgono per 9-8 ai calci di rigore) e, poi, il 20 marzo 1997 nella gara di ritorno dei quarti di finale di Coppa delle Coppe (i lusitani vincono per 1-0 con una rete di Edgar Pacheco, ma la Fiorentina si qualifica per le semifinali grazie al successo per 2-0, con i gol di Baiano e Batistuta, nella partita d’andata a Lisbona). Un altro erede di Eusebio che indossa come la “perla nera” la maglia numero numero dieci del Benfica (ma è un centrocampista e non un attaccante), Manuel Rui Costa, arriva, invece, alla Fiorentina nell’estate del 1994 e vi rimane fino a giugno del 2001. È lui ad alzare nel cielo dello stadio Franchi, da capitano viola, il 13 giugno 2001 l’ultimo trofeo conquistato dalla Fiorentina, la Coppa Italia.
Tornando al torneo Città di Firenze (è l’ultima edizione), alle 21.30 si gioca la finale tra il San Paolo e lo Zenith di Leningrado. È una partita scarsa di emozioni. La vincono i brasiliani per 1-0 grazie ad una rete realizzata da Waldir al 44′ del secondo tempo. Sono loro a succedere ad un’altra squadra brasiliana, il Palmeiras dell’ex fuoriclasse viola Julinho che si era aggiudicato la prima edizione del torneo (quella del 1963), battendo in finale la Fiorentina per 3-1. Esco dallo stadio sconsolato. Nelle due lunghe serate trascorse allo stadio Comunale ho visto Eusebio giocare solo mezzora. Altro avevo immaginato. Inoltre, la Fiorentina era arrivata ultima. E per un bambino di dieci anni – ma anche per un uomo di sessantasette, quanti ne ho ora – fa sempre male vedere perdere la propria squadra del cuore.

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