“Ritratti Viola”
Massimo Orlando
Di Fabio Incatasciato
Diventa cinquantenne, oggi 26 maggio, Massimo Orlando, per una gran parte degli anni novanta (126 presenze) uno dei punti cruciali della Fiorentina di Cecchi Gori, tra grandi momenti, sconfitte, straordinari exploit, immense speranze e anche amarissime delusioni.
Si cominciò a sentir parlare di lui a fine anni Ottanta quando, nel rincorrersi di voci che davano ormai per ceduto ad una squadra del nord Roberto Baggio, venne fuori che in fondo all’Italia, in serie B, nella Reggina, c’era un giovane numero 10 dai numeri incredibili che prima con Nevio Scala e poi con Bolchi, stava stupendo la cadetteria e che sarebbe potuto interessare alla Fiorentina.
Massimo ORLANDO, stagione 1992-93 (Archivio Museo Fiorentina)
La vita è strana, perché la miliardaria Juve che Montezemolo stava per affidare a Maifredi, acquistò oltre a Baggio anche il giovane Massimo Orlando dalla Reggina, dopo che lo aveva fatto a lungo seguire. E proprio nel ritiro di Villa Perosa, fu Robertino che cominciò a raccontare al giovanissimo fantasista, veneto come lui, di quanto un futuro talento potesse trovare a Firenze le occasioni per affermarsi e diventare un potenziale campione. Detto fatto, nel mercato di riparazione di Ottobre, la Fiorentina del neo presidente Mario Cecchi Gori, priva di talenti veri e orfana di Baggino, fece venire dalla Juve Orlando, prima in prestito, poi definitivamente con un sostanzioso esborso miliardario.
Orlando fu il primo vero grande acquisto dei Cecchi Gori; la più grande speranza e insieme il più doloroso rimpianto. E fu così che i tifosi della Fiorentina, in quell’uggioso autunno del 1990, trovarono il modo inaspettato di innamorarsi e tornare a sperare nella costruzione di un grande campione, perché Massimo, non aveva mezze misure: esordì allo stadio l’11 novembre del 1990, contro il Genoa, subentrando al minuto 63 a Di Chiara.
Qualche minuto di assestamento, poi azione personale sulla sinistra, due uomini saltati, gran mancino e palla in diagonale nell’angolo, con a seguire corsa sotto la Fiesole impazzita e solo per lui. “Meglio di Baggio, Orlando meglio di Baggio…” fu il coro che seguì nelle giornate successive dalla curva e in effetti il ragazzo, in quel suo primo anno, fece cose davvero notevoli: otto reti (tantissime per un diciannovenne), diversi assist, una crescita esponenziale nel girone di ritorno. Orlando non c’entrava nulla con Baggio, ma non perché non avesse le potenzialità per essere un campione, ma per via del suo modo di giocare: molto poco trequartista, molto centrocampista quasi totale: grande corsa, straordinarie accelerazioni, enorme resistenza fisica, accanto a un talento vero nel giocare a testa alta, nel servire sempre il compagno smarcato e anche nel tiro mancino di grande precisione.
Massimo ORLANDO, stagione 1995-96 (Archivio Museo Fiorentina)
Un numero 10, si diceva allora, che poteva essere un grande 8, una mezzala moderna insomma, in un momento in cui nel calcio europeo i trequartisti non esistevano più e quindi o diventavi una seconda punta (come fece Baggio) oppure diventavi un centrocampista che rifiniva, ma allo stesso modo correva e rientrava. Orlando aveva un modo anomalo di giocare anche per un talento mancino di centrocampo, perché anziché partire da destra per rientrare e trovare il tiro, amava partire dall’estrema sinistra, sempre rientrando, per cercare palla a terra l’assist, l’imbucata centrale oppure entrare, dotato di grande velocità dentro l’area avversaria. Ma amava anche il tackle, era coraggioso nel contrare l’avversario, spesso falloso oltre il limite, per generosità, andando incontro all’inevitabile intervento arbitrale.
Accanto al suo talento, molti si resero conto anche del suo carattere fragile: si abbatteva per poco, a volte solo per un voto basso di un giornalista, diveniva assente, oppure polemico, o ancora poco propenso a migliorarsi.
Il punto più alto della sua carriera, ma anche l’inizio dei suoi problemi, si concentrò nel campionato 1992-93: quell’anno, in una squadra tutta fatta, dal numero 6 in su, di talenti straordinari, Massimo trovò una posizione fondamentale in campo, quella di esterno sinistro puro, nel 4-4-2 a zona di Gigi Radice, modulo nel quale correva moltissimo, generosissimo e instancabile, partendo dalla fascia per scambiare con Bati o Baiano, divenendo quasi immarcabile, ma rappresentando anche un grande punto d’equilibrio.
Maglia di Massimo ORLANDO, stagione 1995-96 (Museo Fiorentina – Collezione Bini)
Nel momento che la squadra crollò dopo la cacciata del Mister, Massimo rimase su alti livelli, sbagliando quasi nessuna partita e diventando una delle poche certezze in un gruppo che invece franava, tra mille problemi, da tutte le parti. Quando la Fiorentina all’ultima giornata retrocesse, tra giocatori che non se ne fecero un problema, lui, innamorato della sua curva e della sua gente, ebbe un crollo emotivo enorme; accettò di andare senza problemi a fare la B, dove per due terzi di campionato fece anche molto bene, ma a quel punto si ritrovò davanti un grande allenatore che purtroppo però faceva fatica a sopportarlo.
Con Claudio Ranieri furono molti i problemi al punto che fu deciso, al ritorno in serie A, di mandarlo, ormai abbastanza depresso, un anno al Milan di Capello per farlo rilanciare. Non giocò quasi mai a San Siro, però nell’estate del 1995, tornato a Firenze in una squadra di grandissime speranze, parve a tutti di rivedere un ragazzo nuovo, pieno di voglia di fare e di ripartire: poco importava se in quella squadra c’erano già Rui Costa e Robbiati, perché comunque le qualità di Massimo si sarebbero sposate bene in quel gruppo rimesso a nuovo da Ranieri; segnò un gran gol a Napoli e finalmente, il 29 ottobre, all’ottava giornata col Bari a Firenze, tornò titolare, accanto a Bati, Rui, e Ciccio, per la gioia dei tifosi e di Vittorio Cecchi Gori, da sempre innamorato di lui. Partì benissimo in quella partita, ma la sorte lo stava aspettando: al minuto 25, entrando come faceva sempre in scivolata su un avversario, si tranciò in modo netto i legamenti del ginocchio, andando incontro ad un calvario che durò, fisicamente, anche molto dopo il suo rientro.
Maglia di Massimo ORLANDO, stagione 1995-96 (Museo Fiorentina – Collezione Bini)
Fece in tempo a giocare da titolare la prima Finale di Coppa Italia ed esultare poi nella splendida notte del 18 maggio 1996, ma la sua carriera era purtroppo alla fine. Poche presenze l’anno successivo, ancora meno a Bergamo, dove andò nel 1997, fino alla decisione, tra mille problemi fisici, di ritirarsi dal calcio giocato a soli 28 anni.
Avrebbe potuto giocare in ogni dove: in squadre più grandi della Fiorentina, in nazionale, all’estero; avrebbe potuto spaccare il mondo e per tante partite parve riuscirvi. Ma vai a sapere quanto la sfortuna, la fragilità, la mala sorte, a volte colpiscano proprio i più bravi. Grazie lo stesso Massimo, con te in campo, a scattare, saltare, concludere, inveire contro a avversari e arbitri, vincere era davvero più bello.