“Viola in Azzurro”

Alfredo Pitto 

di Massimo Cervelli

 

1931-32 la Fiorentina affronta la serie A

Conquistata la serie A, il marchese Ridolfi decise un’imponente campagna acquisti per affrontare la nuova avventura.

La prima scelta fu quella del tecnico: l’ allenatore austriaco Hermann Felsner, arrivato in Italia nel 1920 al Bologna, dove rimase fino al 1931 vincendo due scudetti. Oltre agli acquisti di Giuseppe Bigogno, Antonio Bonesini, Lorenzo Gazzari, Gastone Prendato e di due uruguayani (l’“Artillero” Pedro Petrone, Campione Olimpionico e del Mondo, e il difensore Guido Laino che tornò a Montevideo già nel gennaio 1932) Felsner volle due giocatori che aveva diretto al Bologna, il mediano della Nazionale Alfredo Pitto e l’attaccante Antonio Busini.

Alfredo Pitto, Fiorentina stagione 1931-32 (Archivio Museo Fiorentina)

Alfredo Pitto

Nato a Livorno il 26 maggio 1906, quando arrivò a Firenze era uno dei più popolari calciatori del tempo. Aveva esordito giovanissimo, a poco più di tredici anni, nella Pro Livorno che, nel 1922, si fuse con l’U.S. Livorno. Il calcio della costa toscana, con il Livorno e il Pisa, era il più rappresentativo dell’Italia centro-meridionale e Pitto rappresentò al meglio quella scuola.

Il ragazzo era un atleta polivalente, capace di correre i cento metri in 11”20 divenendo campione degli Allievi a Firenze nel 1926, i 400 metri in 52”60 e di saltare 5.80 mt. nel lungo, ma anche di vincere giri podistici e gare di nuoto nella sua Livorno.

Alfredo Pitto, vincitore dei 100 Mt Allievi a Firenze nel 1926 (Archivio Museo Fiorentina)

Alfredo era diventato uno dei pilastri della formazione labronica, il cui simbolo era Mario “Motorino” Magnozzi, ma il Livorno, nell’estate del 1927, era in grossa difficoltà economica. L’unica soluzione, anche allora, era vendere i migliori giocatori. Toccò a Pitto che fu acquistato dal Bologna per 20 mila lire, nonostante un’assemblea tenuta al Cinema Margherita e una sottoscrizione popolare per bloccarne la cessione.   

Pitto, impostato come centromediano, ma duttile ed a suo agio in tutti i ruoli della mediana, restò a Bologna quattro stagioni, conquistando lo scudetto del 1928-29 e diventando titolare della Nazionale. 

 

Uno dei primi divi del calcio italiano

La sua prima partita con la maglia dell’Italia fu il 1° gennaio 1928, a Genova contro la Svizzera (3-2): “Mai esordio in Nazionale fu così clamoroso”, Pitto “fece veramente spettacolo a sé e la folla lo portò in trionfo al termine della combattuta contesa”.

I titoli dei giornali furono dedicati tutti a lui, capace di esordire “con l’impeto di una catapulta”.

Pochi mesi dopo fu uno dei protagonisti della squadra azzurra che conquistò la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amster­dam, grazie ad una mediana formata da Pitto, Bernardini e Janni che lustrò gli occhi di tutti i tecnici, unica squadra europea a contrastare il calcio platense, cedendo (3-2) in semifinale all’Uruguay. 

Libro “Pitto Racconta…” di Beppe Pegolotti (Archivio Museo Fiorentina)

Pitto, con la maglia azzurra, fu protagonista di una stagione che aprì la strada alla conquista della Coppa del Mondo del 1934, cogliendo i primi importanti successi internazionali: l’11 maggio 1930 la Nazionale, a Budapest, inflisse una cocente lezione (5-0) all’Ungheria, conquistando la prima Coppa Internazionale e il 22 febbraio 1931 batté per la prima volta l’Austria (2-1) a San Siro.

Grande classe, frutto di maestria tecnica e di un eccezionale dinamismo facevano di lui una delle attrazioni del calcio nazionale.

Su Pitto fioccavano gli aneddoti e i racconti centrati sulla sua arguzia, come quello riportato da Pier Luigi Brunori: “Aveva un sistema per beffare i portieri, e talvolta lo met­teva in uso. Quando un compagno di squadra batteva un calcio d’angolo, Pitto si allontanava con fare distratto dall’area di porta, fingendo di disinteressarsi dell’a­zione: anzi, si chinava, come per allac­ciarsi una scarpa. Il compagno sapeva il trucco, e, nel suo tiro dalla bandierina, appoggiava su Pitto smarcato: se andava bene … andava a bersaglio”.

O come questo sulla sua renitenza alla leva, sempre raccontato da Brunori. “Di Pitto, poi, è bene saperne un altra: all’epoca in cui dovette andare a fare il servizio militare, già ventiseienne (era stu­dente universitario), cercò una scappatoia per non farne… di nulla. Ma il comandante del Distretto, amico della sua famiglia, gli disse: Caro Pitto, sei troppo conosciu­to sportivamente per poter essere aiuta­to: t’immagini i giornali cosa pubbliche­rebbero per un Pitto esonerato? E poi, continuò, il capitano medico che ti deve visitare non sa cosa sia lo sport e quindi ti giudicherà senza favoritismi. Così, Pit­to dovette chinare la testa e passare per lo spogliatoio (ma non dello stadio!). Quando fu… secondo natura davanti all’ufficiale, questi gli fece alzare prima il pie­de destro, poi quello sinistro. Il ragazzo non capiva cosa stesse accadendo, ma qualcosa lo avvertiva che non tutto era normale. Infatti, venne fuori questa diagnosi: assegnato ai servizi sedentari perché piede piatto bilaterale art. 15, e quindi dispensato dal compiere la ferma ai sensi dell’art. 108 del T.U.

Per un atleta del suo scatto e della sua velocità, già Campione del Mondo della squadra calcistica universitaria, con 25 gettoni di presenza in nazionale, e con tut­te le altre benemerenze sportive di cui era già onusto, c’era veramente di che sor­ridere”.

Alfredo Pitto con la Nazionale Italiana (Archivio Museo Fiorentina)

Pit-to! Pit-to!

Il tecnico Felsner, chiamato a guidare la Fio­rentina, lo volle a tutti i costi e Alfredo, “Maledetto toscano”, accettò di corsa. Il problema era rappresentato dal Bologna che concesse a caro prezzo (200 mila lire, dieci volte quanto lo aveva pagato dal Livorno) la lista di trasferimento.

Divenne subito protagonista del gruppo viola. Nel ritiro di Tarcento, in Friuli, i giocatori viola attendevano l’arrivo di Petrone ed imbastirono una bella accoglienza, fatta di musica e fanciulle. Soltanto che la musica era suonata dal terzino Vignolini, con due mestoli di cucina e una latta vuota, mentre la fanciulla era Pitto, truc­cato da Miss Universo 1932, con in mano un omaggio floreale fatto di sedani, spinaci e carote, che baciò subito Petrone sulle guance, sporcando­lo di un acceso rosso carminio.

Bastarono poche partite a Pitto per diventare un simbolo della squadra gigliata: il suo nome, sillabato dai tifosi divenne uno dei più ritmati inneggiamenti alla Fiorentina.

Toccò a lui, il 15 novembre 1931,l’onore di essere il primo giocatore viola ad indossare la maglia azzurra in Italia-Cecoslovacchia (2-2), gara in cui Alfredo Pitto marcò il primo gol, diventando anche il primo giocatore viola a segnare in Nazionale.

Italia-Cecoslovacchia 2-2, Roma 15-11-1931, Pitto segna la prima rete (Archivio Museo Fiorentina)

Pitto, giocò due sole stagioni a Firenze (1931-32 e 1932-33) con 43 presenze e 5 reti – tutte in serie A perché in quegli anni la Fiorentina non giocò nessun altra competizione ufficiale – tenendo per mano la squadra viola che si impose clamorosamente sul grande proscenio nazionale, arrivando quarta nel primo campionato disputato nella massima divisione.

Insieme, e grazie a Pitto crebbero tutti i giocatori della mediana viola: l’8 maggio 1932 Pitto giocò a Budapest (1-1) con la Nazionale, mentre lo stesso giorno a Firenze, Pizziolo, Bigogno e Bruno Neri componevano la mediana della Nazionale B che sconfisse (4-2) l’Ungheria B. Fu proprio la crescita di quella straordinaria mediana che portò la Fiorentina, comunque a malincuore, a cedere Pitto all’Ambrosiana-Inter alla fine della stagione 1932-33.

 

“Caratterino”

Era il soprannome che fotografava la prontezza di reazione che Pitto metteva in mostra, quando ce n’era bisogno e anche… più spesso.

“Caratterino? Non sapete chi è Caratteri­no? È Pitto, proprio Pitto in carne ed ossa. Buon figliuolo certo, ma carattere a modo suo. Ora la maturità sportiva l’ha trasformato. Ma prima? Vi ricordate cosa successe un giorno sull’ex campo del Milan in viale Lombardia dopo un incontro Milan- Livorno? Pitto era un demonio; teneva te­sta a cinquanta. Magari le prese, ma la testa di Caratterino rimase ritta sotto l’uragano. Fece grande impressione anche come pugilatore” (“Il Calcio e il Ciclismo Illustrato”, n. 5/1932).

E il “Caratterino” Pitto continuò a mostrarlo, anche molto tempo dopo aver appeso le scarpe al chiodo, come in occasione della Coppa del Mondo 1954 in Svizzera, quando la Commissione Tecnica (Piola, Pitto e Schiavio) aveva il compito di sostenere l’allenatore Lajos Czeizler e “Caratterino”, per un equivoco, si rese protagonista di una scazzottata con un vetturino.

Italia-Cecoslovacchia 2-1, Roma 15-11-1931, Da sinistra: Ferraris IV, Bernardini, Pozzo, Combi, Monzeglio, Sclavi (ris.), Zanetti, Colombari (ris.), Pitto, Ferrari, Costantino, Gasperi (ris.), Orsi, Pilotta, Meazza, Cesarini. (Archivio Museo Fiorentina)

 

Carriera azzurra

Alfredo giocò in Nazionale 29 gare (di cui 5 mentre giocava con la Fiorentina) segnando 2 reti: Vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928; partecipò da protagonista alle due vittorie della Coppa Internazionale (1930 e 1935) e fu due volte Campione del Mondo universitario (1927 e 1928).

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