VITTORIE VIOLA

6 maggio 1956

 

Stadio Valmaura di Trieste, il triplice fischio finale dell’arbitro sancisce la conclusione della gara terminata in pareggio con un gol per parte, ma c’è qualcosa di anomalo. La partita è finita da pochi minuti e la Fiorentina è rimasta in campo. La squadra viola attende le notizie dalla radio sul risultato di Juventus-Milan. Zero a zero, scandisce l’annunciatore.

Gli spettatori, oltre ventimila, che si sono accalcati per vedere la squadra delle meraviglie, gridano: “Viva i campioni d’Italia”. I giocatori si abbracciano e con loro l’allenatore Bernardini, il direttore sportivo Giachetti, il massaggiatore Ubaldo Farabullini, il vicepresidente Pacini sceso sul terreno di gioco con Palli, l’altro consigliere che aveva accompagnato la squadra a Trieste.

Con cinque giornate d’anticipo, nel calcio dove la vittoria valeva due punti, la Fiorentina è matematicamente campione d’Italia. Per la prima volta nella sua storia, trent’anni dopo la sua nascita voluta fortemente dal marchese Luigi Ridolfi che l’aveva imposta al Club Sportivo e alla Libertas. È il completamento di un capolavoro.

Fiorentina 1955-56, Foto FIORENZA, (Museo Fiorentina – Collezione Brotini)

La Fiorentina ha vinto e convinto, dando la sensazione che finalmente fosse tornata una formazione degna del Grande Torino, caduto tragicamente a Superga. Guido Gratton piange, in mezzo al campo, spaesato come un bambino smarrito tra la folla, ma a nessuno è concesso il tempo di isolarsi. Cervato e Chiappella coinvolgono tutti nella caccia a Bernardini: il tecnico non si vuol far alzare sulle loro spalle, ma deve arrendersi alla forza del gruppo che lui stesso ha creato e il pubblico applaude l’allenatore portato in trionfo.

Da Bernardini solo poche parole di ringraziamento, per tutti, e il dispiacere che non ci siano Montuori e Rosetta, rimasti a Firenze perché infortunati, e Prini a cui è morto il babbo pochi giorni prima (la Fiorentina ha giocato con il lutto al braccio).

La sera, in albergo, arriva il primo telegramma che, più o meno, diceva così: “Trent’anni di sacrifici e di speranze ed ora il meritato trionfo”, firmato Luigi Ridolfi.  

Il Calcio Illustrato, numero 20 maggio 1956 (Archivio Museo Fiorentina)    

Il resto facciamolo raccontare dalla penna di un grande giornalista, Nuto Innocenti, in un articolo pubblicato sul quotidiano fiorentino “Il Nuovo Corriere” dell’8 maggio 1956 :

“Festosa notte triestina. In tutti i locali si inneggiò ai nuovi campioni laureati in terra giuliana. Riconosciuti, i giuocatori viola furono costretti a seguire gli sportivi locali nelle loro fraterne, accoglienti dimostrazioni di simpatia. Qualcuno, varcata timidamente la soglia di un dancing alla moda, venne addirittura tenuto in… ostaggio fino a che l’orchestra non ebbe eseguito un vasto repertorio di canzoni fiorentine. Correva il refrain sulla bocca di tutti, si alzavano i bicchieri. Anche Lucentini, che rivestì un tempo la maglia viola, era con i vecchi compagni. Si sentiva un po’ campione anche lui. Il treno che ci riporterà a Firenze è in partenza sul secondo binario. Tutte le autorità della stazione di Trieste sono sotto la pensilina per il commiato. È un treno importante. Gli operai che si recano ai cantieri di Monfalcone fanno ressa attorno a Gratton la cui famiglia abita ad un passo dalle loro officine. Finalmente si parte, ma a Cervignano, ove Bernardini ha dato appuntamento a Virgili – recatosi ieri sera a cenare in famiglia, a Udine, e che appunto a Cervignano si ricollegherà con la squadra – nuova sosta, nuove dimostrazioni. Virgili è ad attendere il convoglio sotto la pensilina, puntualissimo. Lo scortano, come una guardia del corpo, gli amici e tutto il parentato. Pecos Bill si avvia zoppicando al treno è stato un colpetto di Bernardin, centromediano sbrigativo e duro come un sasso. Ma Virgili non serba rancore, non dà peso alla zoppia. Ricambia baci e abbracci e sale in vettura con un grosso involto sotto braccio che custodirà poi gelosamente durante il viaggio, Prosciutto, mi dice sottovoce Farabullini… e ribadisce; una specialità! Le prime ore del viaggio i neo-campioni le occupano leggendo giornali sui quali la Fiorentina campeggia al posto d’onore. Ognuno va a ricercare una frase, quella che lo riguarda. Sono umili, modesti, ma la carta stampata li esalta. La campagna giuliana è abbagliante di sole. Sembra che la primavera abbia atteso questo festoso mattino per decidersi ad uscire dal suo letargo. Non è forse la Fiorentina la squadra della primavera? A Mestre i primi cartelli: W i campioni d’Italia; a Venezia fitto assembramento sul piazzale di Santa Lucia lambito dalle acque della laguna. Julinho approfitta della lunga sosta del treno per ammirare l’inconsueto paesaggio e segue con curiosità il lento navigare di una gondola nera. E corre ad un banco di bigiotterie ad acquistare due ricordi per sua moglie, per suo figlio: due gondole in miniatura chiuse in un globo di cristallo. Nel vagone ristorante, gremito di stranieri, immediata, cordiale amicizia fra un gruppo di anziane ladies inglesi ed i nostri Magnini, Chiappella, Gratton. Il terzetto viola canta canzonette napoletane. Un successone. Al coro si uniscono poco a poco tutti i commensali meno Julinho che, in disparte, rimira con occhi infantili le sue bigiotterie… Padova, Ferrara, Bologna. Sempre cartelli, sempre folla che applaude, che indica a dito i neo campioni affacciati ai finestrini. È una marcia trionfale che corre velocemente verso il suo epilogo fiorentino. A Prato c’è in attesa il presidente Befani. Impegni di lavoro gli avevano impedito ieri di essere a Trieste con i suoi calciatori ed ora, che li ha sotto gli occhi, non sa dir loro una parola”.

La sarta cuce gli Scudetti tricolori sulle maglie della Fiorentina (Archivio Museo Fiorentina)

Quel lunedì pomeriggio a Firenze, dove la bandiera viola già sventolava sulla Torre d’Arnolfo, erano più di tremila gli appassionati che avevano riempito la Stazione di Santa Maria Novella per salutare i loro Campioni.

 

Tra pochi mesi uscirà un libro, dedicato dal Museo Fiorentina ai Campioni del 1955-56, che racconterà, momento per momento, quella straordinaria impresa.  

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