ZONA CESARINI VIOLA – 8

16 aprile 2015

di Niccolò Russo

 

Un destino rovesciato.

Una frase per riassumere la magia e la crudeltà insite nell’Europa del calcio.

Una serie più o meno lunga di viaggi infiniti da una parte all’altra del continente con l’ambizione di portare il nome della tua città oltre i confini nazionali della domenica.

Notti infrasettimanali in cui le luci degli stadi accendono i sogni più nascosti dei tifosi appassionati, rimarcando la grande bellezza del “nostro”, romantico, gioco.

Un contesto dove il cuore conta esattamente quanto le gambe e la mente.

Se non di più.

Guai lasciarsi andare troppo alla logica del calcolo.

Nelle coppe, infatti, è sufficiente un episodio, un errore, una prodezza o un gol per mandare in fumo il lavoro di un anno o esaltarlo al punto tale da renderlo divino.

Un presupposto che premia, indubbiamente, il coraggio di chi sposa un’idea di football votata allo spettacolo.

In questo senso, la Fiorentina di Vincenzo Montella rappresenta un ottimo modello da seguire per chi decide di percorrere senza indugio la strada della bellezza.

Una squadra nata a Moena (sede di numerosi ritiri estivi viola) dalle macerie delle “pernici”: il simbolo di un gruppo poco propenso alla disciplina e ai risultati sportivi, almeno per quanto concerne il biennio calcistico 2010-2012.

Pernici che, secondo cronache e leggende varie, sono state prima imbalsamate e poi rubate dai giocatori, al termine di una cena collettiva all’insegna della scarsa educazione e della relativa vergogna da parte della società gigliata.

Motivi sufficienti da spingere i fratelli Della Valle ad attuare una rivoluzione calcistica con pochi eguali in Italia per qualità e tempi di realizzazione: un tiki taka spagnolo in salsa viola volto al sequestro del pallone e al dominio totale degli avversari.

Prima in serie A, e poi in Europa League.

Un indimenticabile ciclo di tre anni degno di un posto di rilievo assoluto nella storia del nostro magico club.

Adesso, però, è il momento di concentrarci sulla parte finale di questa “trilogia maravilla”: ossia l’Europa League versione 2014-2015.

Una competizione ricca di corsi e ricorsi epocali, in riferimento soprattutto alla Coppa Uefa edizione 1989-1990.

Un trofeo, per giunta, mutato nella denominazione ma non negli avversari principali.

Leviamoci subito il dente e partiamo dal solito tasto dolente: la Juventus.

L’ostacolo più ingombrante tra Firenze e la Gloria, in Italia e in Europa: una ferita tricolore prima (1982), e un trionfo continentale negato dopo (1990).

In quest’ultimo caso, però, si potrebbe tranquillamente parlare di un successo e mezzo.

Il riferimento, neanche troppo velato, è all’Europa League 2013-2014, conquistata con un magnifico quarto posto in campionato: un piazzamento che, ad oggi, equivarrebbe all’accesso diretto ai gironi di Champions League.

Colpa di un ranking avverso alle squadre italiane e di qualche rigore di troppo dalle parti di San Siro (sponda rossonera)…

Tuttavia, la prospettiva di poter recitare un ruolo importante nella cosiddetta “Europa minore” non era, in fondo, una prospettiva tanto malvagia.

La suggestione più grande di quella Coppa?

Senza dubbio la sede della finale: Torino, Juventus Stadium!

Cosa può esserci di più esaltante del pensiero di alzare un trofeo europeo in casa della nemica di sempre?

Una riflessione che, probabilmente, deve essere passata anche nelle teste dei giocatori bianconeri: non si spiegherebbe, altrimenti, la loro clamorosa “retrocessione” dalla Champions League per mano del tutt’altro che irresistibile Galatasaray.

Se a tutto questo aggiungiamo, poi, un sorteggio Uefa ai confini della beffa, il risultato è a dir poco scontato: “derby italiano” agli ottavi di finale della competizione.

La prima battaglia si gioca il 13 Marzo 2014 in Piemonte: vantaggio juventino di Vidal quasi a freddo e fantastica risposta viola di Mario Gomez ad una decina di minuti dal gong.

Una settimana dopo, però, l’illusione svanisce nel peggiore dei modi: punizione “maledetta” (in tutti i sensi) di Pirlo e addio Coppa.

Il fatto che il Benfica vendichi successivamente i gigliati, eliminando la Juve in semifinale, non aiuta certo a diminuire i nostri rimpianti.

Per rimediare sul serio, è necessario dunque rifarsi subito con gli interessi, alla luce del quarto posto bissato dalla Fiorentina a fine campionato.

Fiorentina 2014-15 in Europa League (Foto TORRINI)

 

L’Europa League 2014-2015 (sulla falsa riga dell’edizione precedente) si presenta con una fase a gironi abbastanza abbordabile ed un prosieguo da pelle d’oca.

Gli avversari del mini-girone?

I francesi del Guingamp, i greci del Paok Salonicco e i bielorussi della Dinamo Minsk.

I risultati?

Quattro vittorie totali (di cui ben tre in trasferta!), un pareggio e una sconfitta indolore.

Pratica archiviata, avanti il prossimo.

Per dirla all’inglese: ‘Next’!

Difatti, il sorteggio dei sedicesimi di Coppa ci propone la corazzata Tottenham.

In barba all’enorme forza dei londinesi, i fiorentini invadono in massa l’Inghilterra nella gara di andata, spingendo gli uomini di Montella alla conquista di un prezioso 1-1 (rete viola di Basanta); risultato, poi, concretizzato nella sfida di ritorno a Firenze con un’autentica lezione di calcio ai danni di Pochettino: il sublime 2-0 finale è firmato dalle perle di Mario Gomez e Mohammed Salah.

‘Bye bye Spurs’!

Si passa così, come nella stagione passata, ad un altro ottavo di finale tutto italiano.

Stavolta, però, non c’è di mezzo la Juve, bensì la Roma di Rudi Garcia.

La gara di andata al Franchi si conclude con un fastidioso 1-1 in chiave qualificazione: al vantaggio nostro di Ilicic risponde, purtroppo, l’esperto Keita.

Tuttavia, nessun tifoso è ancora a conoscenza del meteo previsto per la sfida di ritorno allo stadio Olimpico dove (per nostra fortuna) si abbatte un travolgente ‘Uragano Gigliato’: prima Gonzalo Rodriguez su calcio di rigore…poi Marcos Alonso…infine, José Maria Basanta…tre gol viola in soli ventidue minuti di gioco e capitombolo giallorosso sotto gli occhi dell’incredulo pubblico pagante.

Se Roma piange, Firenze gode: siamo ai quarti di Europa League!

Il sogno gigliato, ora, soffia verso Est.

Per la precisione, in direzione Ucraina.

Il paese in cui il “Divin Codino” Roberto Baggio si scoprì campione di pattinaggio.

Ottavi di finale della Coppa Uefa 1989-1990: la Fiorentina affronta la Dinamo Kiev del colonnello Lobanovskij; un concentrato formidabile di stelle appartenenti dell’ex URSS.

Niente di paragonabile, tuttavia, alla nostra “Luce Viola”: 0-0 finale sul campo ghiacciato e passaggio al turno successivo ottenuto in virtù dell’1-0 conseguito a Perugia grazie ad un rigore del solito Robertino.

Leggende che continueranno ad essere tramandate di padre in figlio, ovviamente fiorentino!

Ora, però, c’è da scriverne un’altra, possibilmente più bella.

Giovedì 16 Aprile 2015: a distanza di un quarto di secolo, la Fiorentina torna a Kiev per disputare l’andata dei quarti di finale di Europa League contro la mitologica Dinamo.

Gagliardetto Dinamo Kiev-Fiorentina, 16-04-2015 Europa League (Museo Fiorentina – Collezione BINI)

 

Il leitmotiv del match appare chiaro sin dall’inizio: da una parte lo strapotere fisico dei colossi ucraini, dall’altra la classe superba dell’orchestra gigliata.

La sinfonia prodotta sul prato dai nostri ‘musicisti’ è talmente armoniosa da soffocare i fischi dei sessantamila e più supporters della formazione allenata da Rebrov.

Tuttavia, c’è qualcosa che stona maledettamente; difatti, l’enorme mole di gioco prodotta dai vari Borja Valero, Mati Fernandez e Milan Badelj non viene capitalizzata al meglio dal nostro reparto offensivo; cose che possono capitare, purtroppo, quando si predilige l’uso del fioretto alla sciabola.

Mario Gomez, poi, sembra essere incappato nella classica “giornata no” sottoporta, e non è neanche la prima volta da quando indossa la nostra maglia.

Tanto vale, allora, lasciare all’ex Bayern Monaco il compito di fare a sportellate con gli avversari; l’intento è quello di creare gli spazi giusti per tagliare in due la difesa casalinga attraverso le percussioni letali di Joaquin e Salah.

L’egiziano, da autentica mina vagante, semina più volte il panico tra le linee e va, addirittura, vicinissimo al gol con un “destro strozzato” che viene neutralizzato dal portiere quarantenne Shovkovskiy.

Un’occasione da aggiungere alle tante opportunità costruite dalla Fiorentina durante il primo tempo: dal tiro a colpo sicuro di Joaquin, “murato” da un difensore avversario, al bellissimo destro a giro di Mati Fernandez, terminato a fil di palo.

Quasi dimenticavo: ci sarebbe, anche, un clamoroso “liscio” di Mario Gomez a pochi passi dalla gloria.

In poche parole: un autentico, ma sterile, dominio viola.

Tutto il contrario della formazione ucraina, spietata come non mai: botta di Lens dal limite dell’area nostra, deviazione decisiva di Tomovic e Neto spiazzato.

Senza sapere bene come, ci ritroviamo così in svantaggio a una decina di minuti dall’intervallo.

Una botta tremenda per un gruppo oramai abituato alla beffa.

Pura linfa vitale, invece, per una Dinamo Kiev a corto di idee ma in abbondanza di energie.

La difesa ucraina, adesso, assomiglia ad un altissimo muro privo di spifferi.

Ne consegue, quindi, una ripresa ricca di numerosi assalti a vuoto: trovare dei varchi per le fantastiche serpentine di Salah è quasi impossibile, alla luce anche dell’inconsistenza di Mario Gomez.

I secondi scorrono velocemente insieme al sudore sulla fronte.

La tenacia spagnola di casa viola produce un sussulto quasi catartico ad una dozzina di minuti dal termine: Borja Valero trova il pertugio giusto per tagliare la linea difensiva di Rebrov e rimettere le cose a posto…Marcos Alonso osserva il movimento del compagno e pennella un cross al bacio dalla fascia sinistra…Borja impatta la sfera di testa e lascia Shovkovskij di sasso…palo!

Stramaledetto palo!

Un legno che odora di resa quasi definitiva.

Montella incassa, non molla e opta subito per due cambi: fuori Borja Valero e Mario Gomez, dentro Aquilani e Babacar.

L’ingresso del senegalese, tra l’altro, richiama vagamente la scaramanzia tipica di ogni allenatore.

Nel Gennaio precedente, infatti, lo stesso Khouma è stato protagonista di un importantissimo gol contro il Chievo: una rete in Zona Cesarini che ha permesso alla Fiorentina di espugnare lo stadio Bentegodi per 2-1, rilanciando di fatto le proprie ambizioni in Italia e in Europa.

Adesso, a distanza di tre mesi e quasi duemila chilometri (quelli che separano Verona da Kiev), c’è bisogno di un nuovo miracolo.

Siamo in pieno recupero: rimessa laterale gigliata nella metà campo ucraina… le mani di Tomovic indirizzano la palla sui piedi dell’instancabile Mati Fernandez… il portoghese addomestica il pallone, lo trascina verso il fondo e accarezza un cross verso il centro dell’area… Babacar salta in cielo e devia erroneamente la sfera verso l’alto, a causa della presenza ingombrante di Aquilani… sembra finita, ma non è così… Baba, posizionato di spalle a Shovkovskij, decide di rispolverare in un lampo il famoso “Genio Fiorentino”: torsione volante col corpo e pallone rovesciato verso la porta per il più impossibile dei gol… Dinamo Kiev-Fiorentina 1-1!

El Khouma BABACAR dopo la rete a Kiev

 

“San Khouma”, allora, corre spedito verso il settore ospiti per condividere la propria felicità con i pochi, eroici, tifosi gigliati arrivati in Ucraina.

Vincenzo Montella, invece, si limita a stringere forte il pugno, essendo consapevole che ci sarà ancora da lottare la settimana successiva, in occasione della gara di ritorno.

Una sfida in cui Mario Gomez (di nuovo “Super”) e Juan Manuel Vargas (missile esplosivo sotto la Fiesole) completano al meglio l’impresa di Babacar, trascinando la Fiorentina in semifinale di Europa League!

Un sogno che, purtroppo, verrà infranto sul più bello dal fortissimo e plurititolato Siviglia di Unai Emery.

Tuttavia, niente e nessuno potrà mai cancellare l’emozione di quella fantastica ed inaspettata “zampata” nella gelida notte di Kiev.

D’altronde, Giorgio Faletti insegna: “L’importante non è quello che trovi alla fine di una corsa, ma ciò che provi mentre corri”.

Ecco perché vogliamo urlare ancora una volta: grazie ‘Pantera Viola’!

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