Memorie viola

01. Firenze culla del calcio

Il calcio fiorentino, giocato da due squadre di ventisette giocatori, conosciuto oggi come calcio in costume, ha una tradizione secolare in cui spicca la data del 17 febbraio 1530: durante l’assedio di Firenze venne disputata una partita per “sfidare” le truppe imperiali che assediavano la città. La pratica del gioco venne mantenuta con regolarità fino al 1739 e fu ripresa a cavallo del Novecento, tra il 1898 e il 1902. È in virtù di questa consolidata tradizione che Firenze è stata definita culla del calcio.

02. Dalla Società del Giuoco del Calcio alla Fiorentina

Negli ultimissimi anni dell’Ottocento, così come avveniva a Genova, Milano e Torino, anche a Firenze si sviluppò l’attenzione per il nuovo gioco conosciuto come football, ma, grazie alla storia fiorentina, fu subito chiamato calcio, mentre nello stesso anno (1898) nasceva a Torino la Federazione Italiana Football che nel 1909 cambiò il nome in Federazione Italiana Giuoco Calcio – F.I.G.C.

Presidente Onorario della Società del Giuoco del Calcio (chiamata dalla comunità inglese Florence Football Club) fu l’allora sindaco di Firenze il Marchese Pietro Torrigiani.

Il gioco si sviluppò, inizialmente nel parco di San Donato e poi sul prato del Quercione alle Cascine. Nacquero numerose compagini di cui la più importante, fino alla prima guerra mondiale fu il Firenze Foot Ball Club.

Nel primo dopoguerra si affermarono le squadre del Club Sportivo Firenze, fondato nel 1870 e che dette vita nel 1908 alla sezione calcio e della Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas, società costituita nel 1877 e che dal 1912 ebbe una sezione calcio.

I “Bianchi” del Club Sportivo ed i “Rossi” della Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas non riuscirono a raggiungere la Prima Divisione, ma si contesero a lungo il primato cittadino anche in infuocati derby, rifiutando più volte proposte di fusione per unire le forze in un unico club cittadino.

Le due società avevano la loro pubblicazione quindicinale, due “House organ” che contribuivano ad alimentare la rivalità: “Il Ghiozzo rosso”, per la Libertas, e “Il Clubbista” per il Club Sportivo.

Dal 1919 al 1922 le due società disputarono la Prima Divisione Toscana, con il nuovo ordinamento del 1922-23 giocarono entrambe per due stagioni nella Seconda Divisione Nord girone F, ma nel 1923-24 il Club Sportivo retrocesse in Terza Divisione.

Il quarto posto ottenuto dalla Libertas nel campionato di Seconda Divisione 1925-26 permetteva l’accesso, con la riforma dei campionati, alla Prima Divisione Nazionale.

Il 2 agosto 1926 la “Carta di Viareggio” cambiava l’organizzazione del calcio italiano, definendo un sistema competitivo finalmente su base nazionale.

La nascita dell’Associazione Fiorentina del Calcio, il 29 agosto 1926, fu una scelta obbligata, fortemente voluta ed imposta dal marchese Luigi Ridolfi: la città di Firenze aveva il dovere di essere protagonista nel nuovo scenario, per questo le forze della P.G.F. Libertas e del Club Sportivo andavano unite in una sola società. La Fiorentina fu il risultato di una operazione straordinaria, condotta in prima persona da Ridolfi, uno dei più grandi e lungimiranti dirigenti sportivi italiani.

La prima nuova maglia scelta fu “inquartata” metà bianca e metà rossa, ornata dal giglio rosso in campo bianco simbolo della città e venne utilizzato il titolo sportivo della P.G.F. Libertas.

03. Anni 20

Le prime stagioni, disputate sul campo velodromo della Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas, in Via Bellini, rappresentarono il duro scotto da pagare: c’erano da superare i vizi originari delle società che avevano dato vita alla Fiorentina e che, inizialmente, erano rappresentate in forma paritaria nella società gigliata. I primi tre campionati, compreso quello detto “di assestamento” del 1928-1929 che dette origine alla serie A, furono estremamente deludenti. Presidente, quasi per obbligo, della neonata Fiorentina, il marchese Luigi Ridolfi negli anni immediatamente successivi ne assunse completamente la guida, concentrando su di se tutte le responsabilità sportive, organizzative e finanziarie. Il risultato fu la costruzione di una squadra di calcio capace di lottare ai massimi livelli nella serie A del calcio italiano.

04. 1929: Maglia Viola

Domenica 22 settembre 1929, nello stadio di via Bellini, la Fiorentina, per prepararsi al campionato di serie B, giocò un’amichevole contro la Roma (vinta 3-0 dai giallorossi), ma il risultato più importante della giornata fu il nuovo colore della maglia indossata dalla Fiorentina: viola.

La maglia, indossata già due giorni prima in un incontro tra una mista della Fiorentina e l’Empoli, rappresentò un segnale preciso del cambiamento impresso dal marchese Ridolfi alla società. Era necessaria una svolta radicale: nella gestione della società, assunta direttamente da Ridolfi e non più cogestita dai rappresentanti dei vecchi sodalizi; nella conduzione della squadra, affidata all’ungherese Feldmann; nella costruzione della rosa, con l’arrivo di Galluzzi, Renzo Magli, Neri, Pizziolo, attrezzata per fare esperienza in B, così da puntare alla promozione l’anno successivo; nel colore, scegliendone uno inconfondibile ed unico nel panorama calcistico: il viola. La Fiorentina organizzò i propri sostenitori, con la nascita dell’Ordine del Marzocco, che adottò il Leone del Marzocco come simbolo, di cui fu nominato Presidente lo stesso Ridolfi. Nel 1930-31 la Fiorentina vinse il campionato di serie B e conquistò la promozione in serie A.

05. 1931: La serie A, lo stadio, l’inno

Ridolfi aveva entusiasmo e grande determinazione, ma, soprattutto, la consapevolezza che “gli uomini passano, le mura restano”. Fu così che nacque lo stadio, inizialmente intitolato a Giovanni Berta, all’altezza della tradizione architettonica di Firenze. Un “gioiello”, per l’epoca, progettato e realizzato dal giovane architetto Pier Luigi Nervi.

È lo stadio che ancora oggi accompagna la Fiorentina. All’epoca gli stadi venivano costruiti con soldi pubblici, ma il Comune di Firenze non ne aveva abbastanza e toccò a Ridolfi contribuire in modo decisivo, ipotecando e vendendo propri beni. Il 13 settembre 1931 venne inaugurato ufficialmente con la partita amichevole Fiorentina – Admira Vienna (1-0). Era il coronamento di un sogno che seguiva la realizzazione di un altro sogno: la Fiorentina in serie A.

Il 22 novembre 1931, prima della partita con la Roma, venne suonata “Canzone Viola” che diventerà l’inno della Fiorentina.

06. Gli anni Trenta

L’austriaco Hermann Felsner, aveva già vinto due campionati con il Bologna, fu l’allenatore scelto per la serie A. Arrivò, atteso al molo di Genova, l’ “artillero” Petrone, centravanti campione olimpico e del mondo con l’Uruguay; venne acquistato il mediano della Nazionale Pitto, ed altri ottimi giocatori come Gazzari, Bigogno, Prendato e Busini; giocava già nella Fiorentina Mario Pizziolo, il primo Campione del Mondo viola con l’Italia di Pozzo nel 1934. Petrone segnò 25 reti e fu il primo giocatore gigliato a diventare capocannoniere (assieme a Schiavio). Il quarto posto, all’esordio in serie A, dimostrava che il campionato italiano aveva trovato non una comparsa, ma una nuova protagonista.

Petrone, poco incline alla disciplina, lasciò la Fiorentina nel marzo 1933, ma la costruzione di una squadra in grado di lottare per il titolo fu solo ritardata. Dopo un paio di buoni campionati, la grande occasione si presentò nella stagione 1934-35. Allenati da Guido Ara, gloria del calcio vercellese e nazionale, i viola partirono a razzo e, nonostante un grave infortunio che rese indisponibile Arrigo Morselli, diventarono Campioni d’Inverno. Nel girone di ritorno la Fiorentina pagò l’assenza di alternative ai titolari e la non abitudine a lottare per lo scudetto. Il terzo posto finale non rende l’idea di un traguardo a portata di mano: a due giornate dalla fine la squadra era in piena lotta per il titolo.

Negli anni successivi la situazione divenne drammatica per la scarsità dei mezzi economici. La soluzione fu la “Squadra Primavera”, verde di età e ariosa nel gioco, che sarebbe diventata una costante della compagine viola: fin dal 1932 la Fiorentina organizzò il torneo “Primi calci” per selezionare giovani giocatori. La retrocessione del 1937-38 ebbe la propria causa nelle difficoltà economiche, ma l’anno successivo Ridolfi riuscì a trovare le risorse per tornare subito in serie A, sotto la guida tecnica dell’austriaco Rudolf Soutschek. La squadra fu interamente rivoluzionata e fra i nuovi giocatori spiccavano l’ala destra Romeo Menti e il portiere Luigi Griffanti.

07. Gli anni Quaranta: la prima vittoria

Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra. Pochi giorni dopo, il 16 giugno, la squadra viola alzò la sua prima Coppa Italia, battendo in finale il Genoa (a cui il fascismo aveva imposto il nome Genova 1893) con gol decisivo di Celoria. Nei turni precedenti i viola avevano eliminato, oltre alla Polisportiva Cavagnaro di Sestri Ponente, Milano, Lazio e Juventus. In quella compagine giocava un’ala destra imprendibile, che insieme ad altri dieci fenomeni scrisse la leggenda del Grande Torino, conservando l’amore viola nel cuore e in una spilla sul bavero della giacca: Romeo Menti.

Questa la formazione della finale: Griffanti; Da Costa, Piccardi; Ellena, Bigogno, Poggi; Menti, Morselli, Celoria, Baldini, Tagliasacchi.

La Fiorentina, allenata da Giuseppe Galluzzi, fiorentino ed ex giocatore gigliato, aveva adottato, sola squadra italiana assieme ai rossoblu genovesi, il WM, il “Sistema” che veniva dall’Inghilterra e che stava cambiando il modo di interpretare il calcio.

Il campionato continuò finché il paese non venne travolto dalla guerra e, nel settembre 1943, invaso dai tedeschi. La guerra lasciò dei pesanti lutti anche nel mondo del calcio, compresi tre ex calciatori della Fiorentina: Armando Frigo (ufficiale dell’Esercito italiano venne fucilato dai nazisti in Dalmazia nell’ottobre 1943), Bruno Neri (comandante partigiano fu ucciso dai tedeschi sull’Appennino romagnolo il 10 luglio 1944) e Vittorio Staccione (morto nel marzo 1945 a Mauthausen nel campo di prigionia dove era stato deportato per le sue idee politiche).

08. 1944: Associazione Calcio Fiorentina

Tempi drammatici in cui la Fiorentina sospese la propria attività. In quei giorni Ottavio Baccani, segretario e direttore viola, garantì la continuità organizzativa della società trasformando la proprio casa in sede della Fiorentina e divenendo, fin dal settembre 1944 (Firenze fu liberata l’11 agosto 1944), il perno della riorganizzazione, operata in accordo con il Comune. La Fiorentina venne ricostituita, divenne Associazione Calcio Fiorentina, in molti si associarono ed elessero presidente Arrigo Paganelli. Tornarono subito a vestire la maglia viola tanti giocatori.

Tra loro Ferruccio Valcareggi, la cui abilità tecnica era seconda solo alla sua umanità; Carlino Piccardi, “il ragazzo di Campo di Marte” ed un ragazzino che, dopo una grande carriera, tornerà in viola da dirigente: Egisto Pandolfini. Lo stadio, diventato “Comunale”, era occupato dagli eserciti e la squadra viola doveva arrangiarsi per gli allenamenti e la propria attività. Il 2 aprile 1945 ebbe inizio il Campionato Toscano, vinto dalla Fiorentina battendo 3-1 il Livorno nella finale disputata il 29 luglio a Santa Croce sull’Arno.

09. Il dopoguerra

Nel 1945-46 il campionato Nazionale riprese con le squadre divise in due gironi. La Fiorentina (Girone Centro-Sud) arrivò al quinto posto fallendo la qualificazione alla fase finale.

Nel 1946-47 i viola riuscirono a salvarsi all’ultimo tuffo. Furono anni difficili segnati da grosse difficoltà finanziarie che determinarono un rapido avvicendamento di presidenti: Paganelli, Cassi, Allori. La presidenza di Antonini, iniziata nell’aprile 1948, portò ad una fase di consolidamento economico e di crescita tecnica. Il passaggio decisivo fu la scelta dell’allenatore: Luigi Ferrero arrivò nell’estate del 1947 e dette una nuova impronta caratteriale alla squadra, dove, accanto ad Augusto Magli ed a Valcareggi, uscivano fuori prepotentemente Eliani, Galassi, Acconcia. Le cinque sconfitte consecutive nelle ultime partite ed il settimo posto finale spensero gli entusiasmi, ma la strada scelta da Ferrero fu quella di puntare sui giovani migliori, nel 1948 tornò in viola anche Pandolfini. La società cercò, con scarsa fortuna, di rinforzare la squadra con l’acquisto di giocatori stranieri. Dopo l’ottavo posto nell’anno del disastro di Superga, i viola ottennero due quinti posti 1949-50 e nel 1950-51. Ferrero rimarrà sulla panchina viola fino al novembre del 1951, quando verrà sostituito dall’ex giocatore gigliato Renzo Magli che concluderà il campionato al quarto posto.

10. Il blocco viola

Ferrero costruì il blocco difensivo viola che fu alla base dei successi viola. Dopo aver allenato per due anni il Grande Torino vincendo due scudetti, accettò la panchina della Fiorentina nell’estate del 1947. Nel 1948-49, con l’arrivo di Rosetta e Cervato cominciò la costruzione del “blocco”. Rosetta fu la prima pietra, diventò subito il nuovo centromediano, seguito da Cervato che partì titolare l’anno successivo.

Lo stesso anno era arrivato anche “Nardino” Costagliola tra i pali della porta viola. Era il 1949-50 quando arrivò Chiappella, una mezzala destra ingaggiata dal Pisa a cui Ferrero, a metà campionato, cambiò ruolo: mediano destro con funzione difensiva. Magnini fu acquistato dalla Pistoiese nel 1950. Era un centrocampista, cresciuto come mezzala d’attacco, ma Ferrero, impressionato dalla forza fisica e dalla sua capacità acrobatica, lo reimpostò come terzino. Divenne titolare nel 1951-52 con Renzo Magli allenatore.

11. I favolosi anni Cinquanta

Il 24 dicembre 1951 venne eletto un nuovo consiglio direttivo, che nominò presidente Enrico Befani, industriale pratese ricco ed ambizioso. Arrivavano, finalmente, gli investimenti per portare la Fiorentina ai vertici del calcio italiano. A metà degli anni Cinquanta la Fiorentina rivoluzionò le gerarchie calcistiche conquistando lo scudetto 1955-56.

Alla base dei successi ci fu una doppia innovazione: organizzativa con Befani che sapeva scegliere, spendere bene e costrure una società all’avanguardia e tecnica con la panchina affidata a Fulvio Bernardini, nel gennaio 1953. L’anno buono sembrò il 1953-54, ma la Fiorentina, prima in classifica, crollò nel finale. Alla fine il “Dottore” trovò la ricetta giusta per vincere, adottando quello che sarebbe divenuto noto come il “Mezzo Sistema”: nella Fiorentina tricolore Chiappella era il quarto difensore e Prini l’ala tornante. Un gruppo formato da grandi giocatori, a partire da Julinho, ed una formazione mandata a memoria per generazioni: Sarti; Magnini, Cervato; Chiappella, Rosetta, Segato; Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Prini a cui vanno aggiunti tutti gli altri Campioni d’Italia: Toros, Bartoli, Carpanesi, Mazza, Scaramucci e Bizzarri, ma soprattutto Orzan, futuro capitano viola, che disputò 18 partite su 34.

Fu anche l’anno del primo successo europeo: il 3 ottobre 1956 (7-2 allo Schalke 04), i viola conquistarono matematicamente la Coppa Grasshoppers, un estenuante torneo internazionale (1952-1957) disputato da sei squadre di nazioni diverse. Un’epoca di enormi soddisfazioni, con la Nazionale che si vestì di viola, ma anche di grandi rimpianti. La Fiorentina fu la prima italiana a giocare la finale di Coppa dei Campioni, raggiunta eliminando: Norrköping, Grasshopper, Stella Rossa. La finale si giocò a Madrid, il 30 maggio 1957, davanti a oltre 120 mila spettatori e al dittatore spagnolo Franco. I viola furono battuti dal grande Real, con Di Stefano e Puskas, e dall’arbitraggio dell’olandese Horn che, a venti minuti dalla fine, sullo 0-0, assegnò un rigore ai padroni di casa per un fallo avvenuto fuori area.

Rimpianti che crebbero negli anni successivi, scanditi da quattro consecutivi secondi posti, uno dei quali, 1958-59, segnando ben novantacinque reti. Kurt Hamrin aveva preso il posto di Julinho, altri difensori, Robotti e Castelletti, affiancarono Chiappella. Doppia sconfitta anche nelle finali di Coppa Italia del 1958, contro la Lazio allenata da Bernardini, e del 1960, ai tempi supplementari contro la Juventus.

Nel 1959 e nel 1960 la Fiorentina contribuì alla vittoria italiana della Coppa dell’Amicizia Italo-Francese.

12. Gli anni Sessanta

I quattro secondi posti logorarono Befani e fecero esaurire la fiducia dei soci nei suoi confronti. Alla fine del controverso campionato 1960-61, concluso al settimo posto, ci fu il travagliato passaggio di consegne tra i due Enrico, da Befani a Longinotti.

In mezzo alle accese discussioni dei soci la squadra ebbe un impeto d’orgoglio e finì la stagione in modo travolgente. Prima la vittoria nella Coppa delle Coppe espugnando Ibrox e battendo nella doppia finale i Rangers Glasgow (2-0 e 2-1). Albertosi; Robotti, Castelletti; Gonfiantini, Orzan, Rimbaldo; Hamrin, Micheli, Da Costa, Milan, Petris, gli uomini che hanno disputato il doppio incontro, con “Gigi” Milan mattatore: due le sue reti in Scozia e la prima a Firenze dove Hamrin segnò il gol vittoria. La Fiorentina è stata la prima squadra italiana a vincere una competizione europea UEFA. Pochi giorni dopo venne vinta la Coppa Italia battendo 2-0 la Lazio in finale, con un solo cambio, rispetto allo schieramento di Coppa delle Coppe, Marchesi in mediana al posto di Rimbaldo. Nel 1961 la Fiorentina contribuirà anche alla vittoria italiana della Coppa delle Alpi Italo-Svizzera, mentre approda in società un giovane Raffaele Righetti, destinato a diventare un vero cardine dei successivi cinquant’anni di storia viola.

Negli anni successivi la Fiorentina purtroppo non mantenne le promesse.

La stagione 1961-62 si concluse con un terzo posto che, alla luce dell’andamento del campionato, risultò deludente. Aurelio Milani fu capocannoniere con 22 reti, insieme ad Altafini. La finale di Coppa delle Coppe, dopo il pareggio con l’Atletico Madrid, venne ripetuta all’inizio della stagione successiva e la Fiorentina perse seccamente (0-3). Sesti in classifica, mentre nel 1963-64 e 1964-65, con Alberto Orlando capocannoniere con 17 reti insieme a Sandro Mazzola, i viola si piazzarono per due volte quarti. Nel 1965 la Fiorentina viene sconfitta dal Vasas Budapest nella finale della Mitropa Cup 1965.

La svolta societaria arrivò nel febbraio 1965, con la presidenza di Nello Baglini. Furono introdotti cambiamenti radicali: nella conduzione societaria; in ambito sportivo, partendo dal settore giovanile per sfidare club irraggiungibili sul terreno economico; con l’organizzazione dei tifosi nei viola club e la pubblicazione del mensile Alé Fiorentina. Il risultato fu la Fiorentina ye-ye, plasmata da Beppe Chiappella, che vinse la Coppa Italia 1966 in finale contro il Catanzaro (2-1), dopo aver eliminato Genoa, Palermo, Catania, Milan e la grande Inter Campione del Mondo.

Questa la formazione della finale: Albertosi; Pirovano, Rogora; Bertini, Ferrante, Brizi; Hamrin, Merlo, Brugnera, De Sisti, Chiarugi, con gol di Hamrin e rigore decisivo segnato da Bertini nei tempi supplementari. Sempre nel 1966, il 19 giugno, la Fiorentina vince la Mitropa Cup battendo in finale la squadra cecoslovacca dello Jednota Trencin.

Nell’estate del 1968 vennero ceduti giocatori importanti: i nazionali Albertosi e Bertini e la grande promessa Brugnera; Kurt Hamrin aveva lasciato la Fiorentina l’estate precedente, andando al Milan in uno scambio con Amarildo. La squadra, affidata a Bruno Pesaola, stupendo tutti, vinse lo scudetto 1968-1969. Questi i Campioni d’Italia: Superchi, Rogora, Mancin, Esposito, Ferrante, Brizi, Chiarugi, Merlo, Maraschi, De Sisti, Amarildo, Rizzo, Bandoni, Cencetti, Danova, Mariani, Pirovano, Stanzial.

13. Gli anni Settanta

Cominciarono con la seconda partecipazione alla Coppa dei Campioni e l’eliminazione ai quarti di finale contro il Celtic Glasgow. La conquista del secondo scudetto non ebbe seguito, mancava la solidità economica per rimanere ai vertici del calcio italiano. Il campionato 1970-71 fu segnato da una grossa crisi societaria che portò la squadra sull’orlo della retrocessione, evitata solo all’ultima giornata. Baglini lasciò la presidenza ad Ugolino Ugolini che orientò il proprio mandato su una nuova politica dei giovani. La panchina fu affidata al maestro Liedholm, che restò per due anni ricostruendo la squadra e piazzandosi al quinto ed al quarto posto. Nel 1973-74 venne chiamato Radice che propose un anno di calcio “olandese”, suscitando grande speranze, ma la società non ebbe fiducia e scelse di puntare su Nereo Rocco. A cavallo fra lui e Mazzone, con Mario Mazzoni in panchina, venne vinta, in finale contro il Milan (3-2), la Coppa Italia 1974-75.

Questa la formazione schierata nell’incontro decisivo: Superchi; Beatrice, (46’ Lelj, 47’ Rosi), Roggi; Guerini, Pellegrini, Della Martira; Caso, Merlo, Casarsa, Antognoni, Desolati, con gol di Casarsa, Guerini e quello decisivo di Rosi.

Sempre nel 1975 la Fiorentina conquistò la Coppa di Lega Italo-Inglese, con due vittorie, entrambe per 1-0, nel doppio confronto con il West Ham.

Il migliore piazzamento in classifica degli anni Settanta è il terzo posto del 1976-77.

Furono stagioni che ebbero anche un doloroso rovescio della medaglia: l’incidente che interruppe l’attività agonistica di Vincenzo Guerini e l’infortunio che bloccò la carriera di Moreno Roggi. In quegli anni il pubblico seguì la straordinaria affermazione di Giancarlo Antognoni. La seconda metà del decennio vide squadra e tifosi aggrapparsi al numero 10 viola, riuscendo a salvarsi, ancora all’ultima giornata, nel campionato 1977-78, con Chiappella tornato in panchina e l’esordio di Giovanni Galli in porta. Il 29 settembre 1979 morì il presidente Melloni che alla fine del 1977 aveva preso il posto di Ugolini e che fu sostituito da Enrico Martellini.

14. Gli anni Ottanta

La famiglia Pontello acquistò la Fiorentina nel 1980, promettendo grandi investimenti e successi. Nell’estate del 1981 venne lanciata una operazione di marketing senza precedenti, fu ridisegnato il giglio, simbolo intoccabile per i fiorentini, e furono create nuove divise dal design rivoluzionario.

Vennero acquistati: Pecci, Graziani, Massaro, Monelli, Vierchowod per rinforzare la squadra che già l’anno prima aveva ingaggiato Daniel Bertoni, campione del mondo 1978 con l’Argentina Il campionato 1981-82 sembrò essere quello giusto, nonostante il grave incidente subito da Antognoni, per passare dalle parole ai fatti. I viola, guidati da “Picchio” De Sisti in panchina lottarono per lo scudetto per tutto il campionato, il titolo sfumò all’ultima giornata, tra reti annullate e rigori non dati, lasciando una scia di polemiche mai sopite.

Negli anni successivi gli acquisti di Passarella e Socrates, capitani dell’Argentina e del Brasile, l’ingaggio di Italo Allodi come direttore, non produssero gli effetti sperati, nonostante il grande gioco prodotto nel campionato 1983-84 concluso con un terzo posto. Nella seconda metà del decennio il disimpegno dei Pontello fu progressivo, con la cessione dei migliori giocatori Passarella, Galli, Massaro, Diaz, Berti.

Il 5 dicembre 1987 in un incidente di volo morì Pier Cesare Baretti, chiamato dalla famiglia Pontello a dirigere la società un anno prima. Baretti, uomo di grande spessore, aveva una propria, affascinante, idea di calcio orchestrata da Sven Göran Eriksson in panchina e sostenuta dai giovani talenti viola su quali puntava per il futuro. L’era Pontello finirà nel modo peggiore: la sconfitta nella finale di Coppa Uefa del 1990 contro la Juventus, la cessione di Roberto Baggio ai bianconeri, la tifoseria e la città in rivolta.

15. Gli anni Novanta

“Marione” Cecchi Gori venne applaudito con entusiasmo dal pubblico viola come nuovo proprietario e presidente.

Nel 1991 lo stadio fu intitolato ad Artemio Franchi, il massimo dirigente calcistico italiano, socio, tifoso ed ex segretario della Fiorentina. Dopo due anni di ambientamento, iniziati con l’allenatore brasiliano Lazaroni in panchina, la Fiorentina sembrò pronta per tornare al vertice. Baiano accanto a Batistuta; il capitano della Germania, Effenberg al posto di Dunga; il neo Campione Europeo Brian Laudrup, il nazionale Di Mauro. Nel gennaio del 1993 l’intemperanza del figlio Vittorio fece saltare, assieme all’allenatore Radice, il banco: la stagione si concluse con un’incredibile retrocessione in serie B, a 54 anni dalla prima. Cecchi Gori trattenne i giocatori più forti e scelse Ranieri come allenatore per iniziare un nuovo ciclo.

Cominciò la risalita, dalla B, mentre purtroppo scompariva, il 5 novembre 1993, Mario Cecchi Gori cui succedette alla presidenza il figlio Vittorio.

La Fiorentina lotta per traguardi importanti, divenendo una delle “sette sorelle” del calcio italiano. Furono gli anni della mitraglia di Batistuta, capocannoniere con 26 reti nel 1994-95, di Rui Costa, di Toldo. La Fiorentina tornò a vincere la Coppa Italia nel 1995-1996, collezionando otto vittorie su otto partite, e la Supercoppa Italiana, a San Siro contro il Milan.

L’avventura in Coppa delle Coppe si fermò in semifinale contro il Barcellona, chiudendo il ciclo di Ranieri. Il nuovo allenatore scelto fu Alberto Malesani. Il tecnico conquistò i tifosi, ma non legò con Vittorio che l’anno dopo volle Trapattoni in panchina per vincere il campionato. Il terzo posto 1998-1999 ebbe il sapore amaro dell’infortunio a Batistuta e della fuga di Edmundo per il Carnevale brasiliano. Una stagione sfortunata conclusa con la sconfitta nella finale di Coppa Italia vinta dal Parma con un doppio pareggio. L’anno successivo i viola disputarono una bella Champions League, ma persero Batistuta che, dopo aver battuto il record gigliato di gol in serie A, annunciò la separazione da Firenze. Arrivò in panchina Fatih Terim e infiammò il popolo viola, ma ruppe presto con Cecchi Gori che chiamò Roberto Mancini a sostituire il tecnico turco.

La Fiorentina vinse, battendo in finale il Parma, la Coppa Italia 2001.

Fu l’ultimo momento della gestione Cecchi Gori in cui si parlò di calcio: la stagione 2001-2002 terminò con la retrocessione in B e il fallimento della società.

Il 1 agosto 2002 la Fiorentina non esisteva più.

16. L’era Della Valle: ACF Fiorentina

La FIGC stabilì che il titolo sportivo spettava al Comune di Firenze e che la nuova società doveva ripartire dalla C2. La famiglia Della Valle rilevò la “Florentia Viola”, costituita dal Sindaco Domenici, e in un anno epico, con una squadra che non aveva più il proprio nome e la propria maglia, ed all’inizio nemmeno calciatori, travolse ogni record di abbonamenti per la categoria (16.648).

Di Livio, reduce Azzurro dal Campionato del Mondo 2002, scelse di rimanere a Firenze. La promozione in C1, con Cavasin in panchina (sostituì Vierchwood dopo poche giornate) e Riganò goleador, fu seguita dall’inserimento nella serie B a 24 squadre, per meriti sportivi. Alla fine del campionato 2003-04, dopo lo spareggio con il Perugia, un grande sogno si realizzava: la Fiorentina, con il proprio nome e la propria maglia, allenata da Emiliano Mondonico, tornava in serie A.

L’anno del ritorno in serie A, 2004-05, diventò una stagione terribile. La Fiorentina era stata coinvolta nella morsa degli arbitraggi guidati dal malaffare e si salvò soltanto all’ultima giornata. Dopo il danno arrivò la beffa: il quarto posto del 2005-06, con Toni goleador e Prandelli in pachina, fu annullato da trenta punti di penalizzazione. La Fiorentina, vittima del sistema corrotto venne pesantemente sanzionata perché la famiglia Della Valle aveva incontrato i vertici arbitrali per capire cosa stesse succedendo alle loro spalle. Quindici punti di penalizzazione accompagnarono la squadra anche nel campionato successivo concluso al sesto posto (sarebbe stato, senza penalità, terzo posto). Con Frey, Mutu, Ujfaluši e tanti altri ottimi giocatori la Fiorentina si piazzò stabilmente nella parte alta della classica, con il raggiungimento della semifinale di Coppa UEFA nel 2008 e la partecipazione a due edizioni della Champions League, 2008-09 e 2009-10.

Diego Della Valle, entrato nel mondo del calcio con l’obiettivo di riformarlo, trascinato invece in vicende giudiziarie, si allontanò dalla Fiorentina e la squadra ne risentì pesantemente. Dopo l’anonimo campionato 2010-11, la situazione implose l’anno successivo con il rischio concreto della retrocessione.

Passata la paura Andrea Della Valle ripartì con un nuovo ciclo, con giocatori importanti e Montella in panchina: tre quarti posti consecutivi determinarono partecipazioni da protagonisti in Europa League, culminate nella semifinale del 2015; nel 2014 la Fiorentina fu sconfitta dal Napoli nella finale della Coppa Italia giocata a Roma in un clima surreale dopo essere stata sospesa per gravi incidenti fuori dallo stadio.

Negli ultimi anni la famiglia Della Valle accentuò il suo distacco dalla Fiorentina, limitando il suo interesse alla gestione finanziaria del club e rinunciando ad ogni ambizione sportiva. Nel gennaio 2016 la squadra, allenata da Paulo Sousa, raggiunse, nel girone d’andata, il secondo posto, ma la proprietà non intervenne sul mercato di gennaio per rafforzarla adeguatamente. Le ultime tre stagioni vedono il progressivo declino della Fiorentina ed una spaccatura frontale con il tifo organizzato interrotta solo dalla improvvisa e drammatica morte di Davide Astori, il 4 marzo 2018 nel ritiro di Udine prima di Udinese-Fiorentina. Un uomo, un capitano, ed una data indimenticabile per la nostra storia.

17. Rinascimento viola: arriva Rocco Commisso!

Il 6 giugno 2019 Rocco Commisso acquista la Fiorentina. La sua prima presenza allo stadio viene salutata da un tripudio di folla. Ambizione, entusiasmo, attaccamento ai colori, orgoglio viola rappresentano il messaggio della nuova proprietà che in pochi mesi definisce gli accordi per la costruzione del nuovo Centro Sportivo; mantiene in rosa i giocatori più forti e dà il segno della propria volontà con grandi acquisti, a partire da quello di Ribery. Una proprietà legata e attenta al territorio, pronta a lanciare messaggi di solidarietà nel momento del bisogno, con la campagna “Forza e cuore viola” organizzata in piena pandemia Covid-19.

La prima stagione della nuova proprietà si conclude evitando ogni rischio e portando la squadra al decimo posto, nella parte sinistra della classifica.

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