“CAMPIONI A FIRENZE”

Diego Armando MARADONA

di Ruben Lopes Pegna

  

Quasi tutte le stelle del calcio mondiale hanno giocato allo stadio di Firenze, l’attuale Artemio Franchi, prima denominato Comunale e prima ancora Giovanni Berta. Alcuni di questi campioni hanno vestito la maglia della Fiorentina, altri sono stati avversari della Fiorentina nel campionato italiano o nella Coppa Italia, oppure in gare ufficiali o amichevoli a livello internazionale. Altri ancora ancora sono stati a Firenze con le rispettive nazionali in partite contro quella italiana. Alcuni, poi, si sono esibiti allo stadio di Firenze durante i campionati del mondo del 1934 e del 1990 e durante i campionati europei del 1968, organizzati dall’Italia (nessuna gara degli Europei del 1980 in Italia fu, invece, giocata all’allora Comunale).
Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo diversi di questi campioni del calcio mondiale, tra i quali Diego Armando Maradona. Qui di seguito ricorderò l’ultima partita in cui si è esibito allo stadio Comunale di Firenze. Era il 30 giugno 1990.

Diego Armando MARADONA a Firenze il 30 giugno 1990

 

Diego Armando Maradona nasce a Lanùs in Argentina il 30 ottobre 1960 e muore a Tigre in Argentina il 25 novembre 2020, pochi minuti prima dell’inizio della partita Udinese-Fiorentina valida per il quarto turno di Coppa Italia e vinta dai viola per 1-0 con un gol di Montiel nei tempi supplementari. Maradona inizia la sua carriera da professionista nel 1976 nell’Argentinos Juniors con cui colleziona fino al 1981 166 presenze complessive, realizzando 116 gol. Passa poi al Boca Juniors con cui nel 1981-82 disputa 40 gare, siglando 28 reti. Viene ceduto al Barcellona. Nelle stagioni 1982-83 e 1983-84 gioca complessivamente 58 incontri, realizzando 38 gol. Va al Napoli con cui dal 1984-85 al 1990-91 disputa 259 gare, segnando 115 reti. Gioca quindi 30 partite nel Siviglia nel 1992-93 siglando 7 gol e 29 nel Newell’s Old Boys nel 1993-94 e nel 1995-96 realizzando 5 reti. Chiude la carriera nel Boca Juniors, con il quale nel 1996-97 e nel 1997-98 disputa 71 incontri, segnando 35 gol. Con la nazionale argentina gioca 91 partite, segnando 34 reti.
È soprannominato
el pibe de oro, ovvero il ragazzo d’oro.
Vince con il Boca Juniors un campionato argentino Metropolitano nel 1981, con il Barcellona nel 1983 una Coppa della Liga e una Supercoppa Spagnola e nel 1982-83 una Coppa di Spagna, con il Napoli due campionati italiani nel 1986-87 e nel 1989-90, una Coppa UEFA nel 1988-89, una Coppa Italia nel 1986-87 e una Supercoppa Italiana nel 1990. Si aggiudica il titolo di capocannoniere del campionato italiano nel 1986-87. Con la nazionale argentina vince da capitano il campionato del Mondo nel 1986. Non ha mai vinto il Pallone d’oro perché fino al 1994 il premio era attribuito solo a giocatori europei. Gli fu assegnato il Pallone d’oro alla carriera nel 1995.

Per la seconda volta sabato 30 giugno 1990 lo stadio di Firenze ospita una partita dei quarti di finale del campionato del mondo. E’ già successo nel 1934. Il 31 maggio si affrontarono l’Italia di Vittorio Pozzo e la Spagna. E poichè dopo i tempi regolamentari e quelli supplementari il risultato era sempre in parità (1-1) e non erano previsti i rigori la gara si rigiocò il giorno successivo sempre allo Stadio Comunale di Firenze, allora intitolato a Giovanni Berta. Il 1 giugno gli azzurri vinsero per 1-0 con un gol di Meazza e volarono in semifinale (si sarebbero poi laureati campioni del mondo). Ho comprato il biglietto in curva Fiesole per la partita dei quarti di finale (e anche per le altre gare disputate a Firenze, ovvero quelle del girone di qualificazione del quale faceva parte anche l’Italia: Cecoslovacchia-Stati Uniti 5-1, Cecoslovacchia-Austria 1-0 e e Austria-Stati Uniti 2-1) un anno prima, nel 1989 (in un istituto bancario) al prezzo complessivo di 180.000 lire (40.000 lire costavano i tagliandi per le partite del girone di qualificazione, 60.000 lire quello per il quarto di finale, ovvero l’equivalente di 30 euro; in curva Fiesole il biglietto per Fiorentina-Milan del 20 novembre 2021 costa 20 euro, 10 in meno della gara dei quarti di finale di 31 anni fa).

Sono emozionato dall’idea di assistere dal vivo a un incontro così importante. Il sorteggio ha voluto che si sfidino i campioni del mondo dell’Argentina di Diego Armando Maradona che negli ottavi di finale hanno mandato a casa il Brasile di Sebastiao Lazaroni, futuro allenatore della Fiorentina, battendolo 1-0 con un gol di Caniggia e la Jugoslavia che negli ottavi ha eliminato la Spagna, superandola 2-1 grazie a una doppietta di Stojkovic. Tra l’altro chi vince questa gara affronterà l’Italia se la squadra di Vicini batterà l’Eire. L’orario di inizio dell’incontro del Comunale di Firenze è previsto per le ore 17. E’ una giornata caldissima. All’ombra ci sono quaranta gradi. Nelle vicinanze dello stadio incrocio Oscar Alberto Dertycia, il centravanti argentino della Fiorentina, infortunatosi qualche mese prima della fine del campionato nel quale ha realizzato quattro reti. È venuto a tifare per la Seleccion. Anch’io tifo per l’Argentina, la nazionale di Daniel Bertoni e Daniel Passarella, entrambi campioni del mondo nel 1978 e poi giocatori della Fiorentina negli anni Ottanta, dopo la riapertura delle frontiere (rimaste chiuse ai giocatori stranieri, provenienti da federazioni estere dal 1966, dopo l’eliminazione dell’Italia ai mondiali d’Inghilterra ad opera della Corea del Nord, al 1980). Ho sempre avuto un debole per le nazionali sudamericane e, in particolare, per il Brasile e l’Argentina. Arrivo dentro lo stadio mezzora prima dell’inizio dell’incontro. Il mio posto è in un angolino in alto della curva Fiesole. Il caldo è insopportabile. Al sole, dove sono io, la temperatura sfiora i cinquanta gradi. Giocare, in queste condizioni, non è facile. Allo stadio il tifo è, in grande maggioranza, per la Jugoslavia. Sono arrivati in migliaia, soprattutto in macchina. Per l’Argentina tifiamo in pochi, tra cui molti supporter del Napoli, che ha appena vinto lo scudetto, con le bandiere della squadra partenopea e le magliette con la foto del pibe de oro in maglia azzurra.

Diego Armando MARADONA a Firenze il 30 giugno 1990

 

La partita comincia a ritmi bassissimi. Lo spettacolo latita. Maradona giochicchia e fa cose normali. La Jugoslavia sembra più in palla. Ma alla mezzora c’è quella che sembra essere la svolta del match. Viene, infatti, espulso per doppia ammonizione il difensore jugoslavo Sabanadzovic, il controllore di Maradona. Il secondo fallo – uno sgambetto ai danni di Diego – sembra veniale. L’Argentina, con l’uomo in più, cerca di approfittarne. Ma Maradona, preso in custodia da Brnovic, non è in giornata. E poi è fischiato di continuo dai tifosi jugoslavi che giustamente lo temono, ma anche da molti tifosi in apparenza neutrali (ce ne sono diversi anche toscani). Il più pericoloso per l’Argentina è il difensore Ruggeri che, in due occasioni, va vicino alla rete. Poi ci prova anche Burruchaga. Ma il portiere Ivkovic para bene. La Jugoslavia, a sua volta, si rende pericolosa con Savicevic, entrato in campo dopo poco più di un’ora. La gara è brutta. Non regala emozioni. Il risultato non si sblocca dallo 0-0. Si va ai tempi supplementari. E al 119′ l’Argentina segna con Burruchaga ma il gol viene annullato per un fallo di mano. E Maradona? L’ho visto giocare diverse dal volte dal vivo e questa mi sembra la sua peggior partita. Sarà il caldo? O forse la tensione? Fatto sta che Diego delude. Alla fine tira in porta solo tre volte, senza, tuttavia, mai rendersi veramente pericoloso. Fornisce anche tre palloni invitanti ai suoi compagni che, però, non li sfruttano adeguatamente. Si muove poco il capitano dell’Argentina e lo dimostra il fatto che in centoventi minuti subisce appena sei falli, uno ogni venti minuti. Pochi davvero per lui. Il risultato non si sblocca dallo 0-0 iniziale. Si arriva così ai calci di rigore che vengono battuti nella porta sotto la curva Fiesole. Ne sono contento, perchè almeno ho la possibilità di vederli da vicino. Dopo centoventi minuti di gioco non certo esaltante, mi auguro che le emozioni arrivino almeno nei tiri dal dischetto. Inizia a battere l’Argentina e Serrizuela non sbaglia. Poi va a calciare Savicevic e la sua conclusione si stampa sulla traversa. Burruchaga realizza il secondo rigore per i sudamericani. Poi Prosinecki segna per la Jugoslavia e accorcia le distanze. Sul dischetto si presenta Maradona. I fischi si sprecano. I tifosi jugoslavi sperano così di deconcentrarlo. Io, da parte mia, mi auguro che Diego non tradisca. Invece non è così. Il suo tiro di sinistro, neanche troppo angolato, è debole. Il portiere jugoslavo Ivkovic blocca addirittura il pallone. La maggioranza dello stadio esulta. Maradona si avvia mesto verso il centrocampo, dove ci sono i suoi compagni. È a capo chino e a stento trattiene la rabbia. Teme che il suo errore possa essere fatale per l’Argentina. I suoi tifosi, pochi a dire il vero, cercano di consolarlo con il consueto coro: Diego, Diego. Ma, dopo il suo errore, la Jugoslavia pareggia con Savicevic. Il risultato è ora di 2-2 e le due squadre devono ancora calciare due rigori ciascuna. Sul dischetto si presenta Troglio ma la conclusione termina sul palo. Poi tocca a Brnovic. Il suo tiro, però, è parato da Goigochea. Il quinto rigore dell’Argentina lo va a calciare Dezotti. Il centravanti della Cremonese segna e riporta in vantaggio la formazione di Maradona. Sul dischetto va ora Hadzibegic. Se segna si va ad oltranza. E, invece, Goigochea para anche questo rigore. L’Argentina vince così 3-2 e dunque vola in semifinale dove incontrerà la vincente di Italia-Eire che dopo più di un’ora si affronteranno all’Olimpico.

Diego Armando MARADONA a Firenze il 30 giugno 1990

 

Maradona è tra i primi a correre ad abbracciare Goigochea che con le sue parate ha tenuto in piedi l’Argentina. Ora Diego è felice come un bambino. La gioia gli si legge sul volto stanco e sudato. Il suo errore dal dischetto non è stato determinante e ne è contento. Il pubblico del Comunale fischia ancora l’Argentina e applaude i giocatori della Jugoslavia che in dieci per un’ora e mezzo hanno tenuto testa ai campioni del mondo. Esco dallo stadio distrutto fisicamente per il caldo asfissiante e quasi disidratato. Mi immagino la fatica provata dai giocatori a disputare una gara così importante in condizioni climatiche davvero difficili. Mentre torno a piedi a casa, attorniato dai visi mesti dei tanti tifosi jugoslavi, non immagino che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto dal vivo Diego Armando Maradona, uno dei più grandi giocatori della storia del calcio.

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