QUANDO GLI ARBITRI GUIDAVANO LA NAZIONALE

di: Massimo Cervelli e David Bini

Abbiamo recentemente contribuito alla ricostruzione storica con cui la FIGC, su richiesta iniziale del Museo della Storia del Genoa, ha finalmente riconosciuto a William Garbutt, il tecnico inglese che rivoluzionò il calcio italiano vincendo tre scudetti con il Genoa, il ruolo di allenatore della Nazionale italiana, tra il 1913 e il 1914, per sei gare degli Azzurri.

Una conferma importante che fa chiarezza e rende giustizia all’allenatore inglese, riconosciuto nell’elenco dei tecnici che, singolarmente o come membri di Commissioni Tecniche, abbiano guidato gli Azzurri in questi 111 anni di storia.

Quest’occasione, ci ha permesso di approfondire alcuni interessanti aspetti organizzativi del primo periodo del calcio italiano, spesso poco conosciuti e su cui riteniamo importante, per gli studiosi e gli appassionati, poter fare luce.

La Federazione Italiana Giuoco Calcio fu costituita il 26 marzo 1898 a Torino con la denominazione originaria FIF Federazione Italiana Football. Inizialmente l’impegno organizzativo della Federazione non fu certo complesso: le società affiliate erano molto poche e i primi campionati vennero effettuati con poche squadre partecipanti e con gare svolte tutte nella stessa giornata.

Il 21 maggio del 1904 a Parigi venne fondata la FIFA Fédération Internationale de Football Association, la Federazione Italiana vi aderisce un anno più tardi nel 1905, con due importanti conseguenze.

La prima, di carattere  tecnico, comportava il completo rispetto del regolamento di gioco e delle norme adottate dalla FIFA; la seconda, organizzativa, la partecipazione ad incontri fra rappresentative nazionali.

Passarono altri cinque anni prima dell’esordio della Nazionale Italiana, avvenuto il 15 maggio 1910 con la gara Italia-Francia 6-2 disputata all’Arena di Milano.Furono anni di continui assestamenti per una Federazione giovane che doveva fare i conti con il continuo sviluppo del movimento calcistico,  nel 1909, la FIF cambiò la propria denominazione,  divenendo FIGC Federazione Italiana Giuoco Calcio.

L’uomo che seppe imprimere la svolta organizzativa fu Luigi Bosisio, che divenne segretario federale nel 1905 con la presidenza dell’industriale Giovanni Silvestri e il trasferimento della Federazione da Torino a Milano.

Pensate che al momento del trasferimento delle sede federale, nel 1905, le società affiliate erano soltanto sei e il fondo cassa ammontava esattamente a 51,65 Lire.

Bosisio, che fu in seguito anche Presidente Federale dal 1910 al 1911, lavorò alla costruzione di una rete organizzativa fondata su comitati regionali e sulla definizione di uno Statuto con annesso regolamento organico che vennero poi definitivamente approvati nell’assemblea del luglio 1910.

Il “Regola­mento Organico” forniva risposte alle varie problematiche, definendo anche i criteri da adottare per scegliere i giocatori della squadra che doveva rappresentare l’Italia nei futuri incontri internazionali: la scelta spettava alla Commissione Arbitri, che già si occupava delle questioni tecniche e disciplinari del gioco.

Riportiamo l’ul­timo capitolo del citato regolamento:

La Presidenza, Federale, nella propria sede, sceglierà fra gli ar­bitri ufficiali degli anni preceden­ti cinque persone che saranno chiamate a formare la Commis­sione Arbitrale.

A questa sono af­fidati i seguenti incarichi:

  1. a) Compilare, sulle liste che le società manderanno alla Fede­razione, la lista ufficiale degli ar­bitri per il nuovo anno e sotto­porla poi alla ratifica della Presidenza Federale;
  2. b) Studiare e proporre ad ini­zio della stagione tutte quelle modificazioni, interpretazioni ecc. del regolamento tecnico che si rendessero necessarie;
  3. c) Coadiuvare la Presidenza Federale in tut­to ciò che riguarda il movimento degli arbitri per le varie partite dell’anno;
  4. d) Dirimere, quando chiama­ta, tutte le questioni di ordine tecnico;
  5. e) Formare la squadra nazio­nale per una competizione uffi­ciale internazionale.

Una scelta impensabile oggi, ma ad inizio secolo scorso il dilettantismo assoluto del movimento calcistico mal si sarebbe conciliato con la possibilità di una seria preparazione tecnica ed atletica o con la possibilità di effettuare raduni collegiali, queste erano situazioni impossibili da mettere in pratica.

Ci si rivolgeva, quindi, a chi meglio conosceva il gioco, per averlo praticato prima di passare ad arbitrare, e conosceva anche i giocatori, per averli visti in azione sui campi sportivi, molti arbitri erano stranieri o avevano praticato il calcio in paesi stranieri in cui questo gioco era più evoluto e diffuso, maturando un’esperienza fondamentale.

Quindi una conoscenza tecnica del gioco e dei giocatori che gli arbitri avevano e che li poneva in posizione privilegiata rispetto alla scarsa competenza tecnica comune.

Inoltre, gli arbitri viaggiavano tra le diverse città, potendo conoscere i giocatori delle diverse squadre, in un’epoca in cui i viaggi erano estremamente limitati per penuria di mezzi e scarse disponibilità economiche.

In Italia il livello di conoscenza calcistica era molto basso e gli arbitri, spesso stranieri naturalizzati, rappresentavano il vertice del sapere e delle competenze tecniche.

All’epoca le commissioni tecniche avevano, oltre al compito di convocare i giocatori e decidere la formazione da schierare, anche quello di preparare il vestiario e allestire il campo da gioco, altro aspetto che alla luce odierna sembra impensabile ma che nel calcio pioneristico del primo novecento era assolutamente normale.

Umberto Meazza, arbitro e componente della Commissione Tecnica era stato nominato preparatore atletico per alcune gare precedenti, ma si decise di procedere con la nomina di un allenatore che seguisse la Nazionale Italiana sul terreno di gioco.

La scelta della Commissione cadde su William Garbutt, che per la gara contro il Belgio in programma a Torino il 1 maggio 1913 avrebbe fatto il suo debutto ufficiale come allenatore Azzurro.

Si trattava di una gara molto attesa, dopo la doppia sconfitta contro l’Austria del 1912 e quella contro la Francia a Parigi del gennaio 1913. La Commissione, decisa a dare una svolta anche nei risultati, cambiò l’orientamento tecnico in uso, passando dalla selezione dei giocatori da diverse squadre alla scelta di un blocco proveniente dalla Pro Vercelli con ben nove giocatori convocati.

Quasi 18.000 spettatori (record per l’epoca) gremivano gli spalti dello Stadium di Torino e quasi due terzi di loro provenivano da Vercelli per sostenere i nove giocatori dei Bianchi chiamati in maglia Azzurra.

La partita si concluse con una bella vittoria dell’Italia sul quotato Belgio per 1-0 con rete di Ara, non poteva esserci debutto migliore per William Garbutt sulla panchina degli Azzurri.

1 maggio 1913, Torino
ITALIA-BELGIO 1-0
Rete: 57’ Ara
ITALIA: G. Innocenti, Valle, R. De Vecchi, Ara, Milano I, Leone, Milano II, Berardo, A. Fresia, Rampini I, Corna.
BELGIO: Baes, Swartenbroeks, Hubin, Braeckman, Bossaert, Suetens, Bessems, De Veen, Brebart, Saeys, Becquevort.
Arbitro: Goodley (Inghilterra).

La formazione vittoriosa sul Belgio a Torino, da sinistra: l’allenatore Garbutt, Berardo, Corna, Rampini I, Innocenti, Valle, Milano II, Milano I, Ara, Leone, A. Fresia, De Vecchi.

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